martedì 22 luglio 2014

Ginestre (Le regine delle palladiane)

La prima volta che si guardano le ginestre non dura mai più di un fulmicotone, tanto si palesano come elementari arbusti da fosso. Poi li vedi guardandoli dall'alto, mentre sei in bilico su di un funambolo e la prospettiva è quella di una rete di sicurezza. Le guardi da destra e comprendi che non è mai il lato giusto per guardarle. Le riguardi da sinistra e ti arriva una ventata di lapilli e tu ti senti subito su uno di quei vulcani pronto ai fermi di partenza, per una gara che non si sa dove si andrà ne cosa si vincerà ma di certo sai, che non si starà fermi.
Poi le guardi dal basso quando ti servono per non farti bruciare le retine dal sole. Poi le lavi e con l'acqua gialla ci vien fuori un cataplasma per il mal di mare. Le tingi di blu e diventano viola mistico. Le spremi e ci fai il burro di arachidi, un minipimer, il ragut, il caffet, il bidet, il fernet e infine il Cinar con la cochina e le ciliegie. Le scuoti al vento e ci fai i coriandoli a forma di triangolo isoscele che vanno anche in lavatrice. Le corichi per terra e diventano lunghe come l'intestino tenue e resistenti come le tele dei ragni che fanno la macumba. Le percuoti e diventano di vetro. Le ignori e le senti bussare alla porta, tu apri e trovi della stoffa in un sacchetto e una bottiglia di vetro piena di biglie di ceramica cinese. Le bruci e arriva il vento, ma uno di quei venti che fan sempre un suono quando passa tra le canne, tra i bicchieri di cristallo leccati, tra le seghe di metallo, tra le corde di budello, tra i denti, tra le ciglia, dietro le palpebre, su per il camino, torna tutto nell'aria, diventa un fuoco di artificio, esplode poi piove, ricade tutto a terra e finisce a dar da bere, alle ginestre.